I dati pubblicati in una ricerca fatta dalla Nielsen a settembre 2015, consentono di fare una opportuna riflessione sulla pubblicità e sulla comunicazione in genere, riflessioni che i responsabili della comunicazione di tante aziende dovrebbero fare.
Chiedersi il perché alcune forme o alcuni canali ottengano maggiore fiducia da parte del consumatore potenziale è quantomeno opportuno perché a ben vedere nelle infografiche, le risposte potrebbero apparire persino scontate perché abbastanza coerenti ai comportamenti delle persone.
Un campione di 30.000 individui su 60 paesi, Italia compresa, rappresenta un dato assai attendibile sugli atteggiamenti dei consumatori verso la pubblicità.
Risulta che il 74% dei consumatori nel nostro paese considera credibili i consigli di conoscenti diretti, il 64% i commenti postati sui social network, poi a seguire i contenuti editoriali di quotidiani e periodici; dai siti aziendali (45%) le percentuali decrescono nelle varie forme di pubblicità più tradizionali quali quella fatta su quotidiani, magazine, radio etc.
Confrontando i dati nazionali con quelli europei, le tendenze sono pressoché confermate, anzi si rafforza la percentuale di efficacia del passaparola (82%).
Da questi dati emergono due ordini di considerazioni:
primo: canale e contenuto della proposta pubblicitaria o della comunicazione in genere appaiono indissolubilmente legati e si influenzano reciprocamente in termini di credibilità; ecco quindi il primato di consigli di amici e conoscenti e poi i commenti postati on-line, perché entrambi i canali non sembrano essere portatori di un interesse diretto e immediato per il prodotto di cui si parla, se non guidati dalle percezioni della esperienza individuale di chi ne parla.
Secondo: quando si cercano i consigli di conoscenti oppure si leggono i commenti postati on-line, lo si fa in genere nel momento in cui l’informazione è necessaria, da cui uno dei punti di debolezza della pubblicità tradizionale, ovvero di raggiungere il proprio target spesso in modo invasivo e in momenti in cui l’informazione non serve.
Per cui le risposte possibili a questa situazione suggeriscono da una parte di approfondire conoscenza, consapevolezza e sviluppo del concetto di “touch point” inteso come il contesto in cui il consumatore potenziale viene a contatto con il brand/prodotto, aspetto che deve essere attentamente analizzato e progettato su misura perché possono cambiare le sue caratterizzazioni da prodotto a prodotto e da azienda ad azienda.
Poi la comunicazione on-line che esprime valori contraddittori tra l’efficacia dei commenti postati su social e forum, e la scarsa presa esercitata dalla pubblicità online, sempre più spesso ostacolata da tecniche di “ad-blocking”.
Questo aspetto richiede senz’altro una verifica e un adeguamento dei formati, per il quale è stata presto coniata la definizione di “native-advertising”, al fine di sfruttare la potenzialità della rete che può consentire, anche grazie a strumenti tecnologici come tablet e smartphone, di accompagnare il consumatore verso un’esperienza con il prodotto/servizio, e soprattutto di riuscire a farlo nel momento in cui l’informazione si rende necessaria alle sue scelte di consumo.
Concludiamo dicendo che la pubblicità tradizionale è uno strumento ancora imprescindibile che tuttavia richiede ormai di essere adeguatamente integrata all’interno di un mix che coniughi le potenzialità dell’online con l’efficacia intramontabile di fenomeni come il passaparola.
Pubblicità efficace? Riflettiamo sui metodi di comunicazione che funzionano meglio
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